La Sindone.
Nata per avvolgere un morto sconosciuto e morire, disfarsi, sfibrarsi con lui, in un buco nella terra, secca e arida, di una lontana e sperduta regione del mondo.
Creata solo per morire con un morto ed essere dimenticata.
E anche noi, nati al mondo, per pochi anni, per morire e decomporci e svanire, nel buio e nel silenzio di un sepolcro.
Dimenticati anche noi, nelle nostre terre sempre troppo lontane e sempre troppo sperdute. Nelle nostre solitudini, nelle nostre delusioni, nei nostri rimpianti.
Eppure…
La Sindone non è morta, non è sfibrata né disfatta né dimenticata.
La Sindone è qui. Venerata, onorata, amata. E ci dicono che anche il morto che avvolgeva non solo non si è decomposto ma addirittura vive.
Vive e dà vita.
E dà speranza alle nostre solitudini, alle nostre delusioni, ai nostri rimpianti, al nostro buio, al nostro silenzio, alle terre del nostro cuore sempre troppo lontane e al nostro sempre sentirci fragili e sperduti.
Quello sconosciuto, quel morto uscito da un buco di una terra lontana e straniera, vive e dà vita ai nostri sepolcri.
Vive, incredibilmente, anche per me. Talmente incredibile da poter essere la nostra sola e più grande speranza.
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